Perché scrivo? Ultimamente scrivo poco, davvero poco. Troppi impegni, troppe energie investite altrove e non ultima la consapevolezza o il timore di non avere niente di nuovo da dire. Eppure la scrittura mi ha sempre accompagnato, da bambina, da adolescente, da donna. Apprezzo la solitudine e il silenzio e le mie emozioni preferisco scriverle piuttosto che raccontarle. Le cose più belle le ho scritte nei momenti più difficili, forse erano la migliore terapia per la mia guarigione. Guarigione da cosa poi non so, perché quella sottile vena di malinconia, il "male di vivere" come spesso viene chiamato, purtroppo non mi abbandona mai. In qualche raro sprazzo di serenità ho scritto anche cose più allegre, addirittura comiche in vernacolo per colleghe e colleghi che andavano in pensione. Ma erano solo scherzi, modi affettuosi per salutare quelle persone alle quali volevo bene. La scrittu

Quando il telefono squillò di nuovo, Anna era sotto casa. Aveva ripreso la sua auto e lasciato Marco senza una parola. Non sapeva cosa dire nè cosa fare. Si sentiva infinitamente triste e sola. Aprì la porta con la chiave e si accorse del buon profumo di funghi che si espandeva dalla cucina. Giulio le venne incontro "Amore! Mi hai fatto preoccupare. Ma dove sei stata?" disse abbracciandola "Scusami, un'amica in difficoltà. Aveva bisogno di parlare". Non le sembrò neanche una bugia, ritenendo che quell'amica potesse essere sè stessa "E al ritorno ho sbagliato strada" aggiunse cercando di essere più convincente. Lui la guardò attentamente "C'è qualcosa che non va? Mi sembri pallida..." Giulio non era uno stupido e lei non era brava a mentire "No, non preoccuparti, solo un po' di stanchezza" rispose "Vieni" disse lui abbracciandola e aiutandola contemporaneamente a togliersi il piu

Scrivo, da sempre, perché ne ho bisogno, è un'esigenza primaria e fondamentale. Scrivo perché non racconto a nessuno i miei segreti e i miei desideri, se non al foglio bianco che ho davanti, che non giudica e non consiglia, ma accoglie solamente. Alcune cose le rendo pubbliche, altre le tengo in me, come uno scrigno in cui custodisco i miei tesori, come un mare in cui poter nuotare quando ne avverto la necessità. Scrivo perché altrimenti esploderei, è il mio bisogno di comunicare con gli altri in un modo tutto mio. Scrivo per raccontare i sentimenti, il mio modo di vedere il mondo e le persone. Scrivo per allontanare o "tenere a bada" quella malinconia e quel senso di "incompiuto" che da sempre mi accompagna in tutto quello che faccio. Scrivo, soprattutto per me, ma se condivido, se piace quello che scrivo, e magari aiuta qualcuno a sentirsi meno solo e incompreso, allora sono feli

<div>Scrivo, da sempre, perché ne ho bisogno, è un'esigenza primaria e fondamentale.</div><div>Scrivo perché non racconto a nessuno i miei segreti e i miei desideri, se non al foglio bianco che ho davanti, che non giudica e non consiglia, ma accoglie solamente.</div>Alcune cose le rendo pubbliche, altre le tengo in me, come uno scrigno in cui custodisco i miei tesori, come un mare in cui poter nuotare quando ne avverto la necessità. <div>Scrivo perché altrimenti esploderei, è il mio bisogno di comunicare con gli altri in un modo tutto mio. Scrivo per raccontare i sentimenti, il mio modo di vedere il mondo e le persone.</div><div>Scrivo per allontanare o "tenere a bada" quella malinconia e quel senso di "incompiuto" che da sempre mi accompagna in tutto quello che faccio.</div>Scrivo, soprattutto per me, ma se condivido, se piace quello

Proprio vero quel che dite, storie e poesie quasi finite, collaborazione inesistente, voglia di non pubblicare più niente. Ma quando si leggono queste righe bisogna prendersi le brighe di provare a partecipare e gli amici non abbandonare. Nuove storie inventeremo e il sito rinascere faremo e ben presto la bacheca avrà una nuovissima "biblioteca". Cosa dite? Non ci credete? Aspettate e lo vedrete. Certo, ognuno con maestria suonerà il suo strumento in armonia che sia in "assolo" o in "orchestrale" questa musica non sarà male. Se ce la cantiamo e ce la suoniamo, in fondo, che male facciamo?

La squadra dei soccorsi ebbe il suo bel da fare. Ci volle tutta la notte per domare l'incendio e alle prime luci dell'alba apparve quello che restava del "Nonmimancaproprioniente". Un cumulo di resti anneriti e fumanti. Il proprietario, Gaetano Spocchiosi, accasciato su una delle sedie del giardino antistante l'albergo, con la testa tra le mani, singhiozzava rumorosamente. Ferrario si avvicinò all'uomo "Mi dispiace per la sua perdita, purtroppo devo darle un'ulteriore cattiva notizia..." disse con tono imbarazzato. L'uomo alzò gli occhi a guardarlo, con un'espressione tra l'incredulità e la rabbia folle, come se non volesse credere a ciò che aveva appena sentito "Ma non le sembra che abbia già abbastanza guai?" disse il Gaetano, alzandosi improvvisamente e sventolando un pugno minaccioso sotto il naso dell'Ispettore. "Si calmi...si calmi, la prego!" disse il Ferrario sorpreso, rend

George Knives era appena rientrato a casa e stava parcheggiando l'auto nel garage. Effettuata l'operazione, scese a controllare la vettura. Il parafango laterale destro era visibilmente ammaccato, avrebbe dovuto farlo riparare immediatamente. L'impatto con Margherita aveva lasciato il segno. "Quella strega...voleva liberarsi di me...e voleva pure incolparmi del'omicidio del marito...ma ti è andata male, carogna!" pensò l'uomo. Immediatamente si rese conto, però, che qualcuno poteva averlo visto investire la donna, scappare a velocità sostenuta e magari aver preso pure il numero di targa. Doveva scappare. Si recò al piano di sopra e iniziò a riempire una valigia di abiti alla rinfusa. Il suo "aplomb" inglese era un tantino in difetto, in quel frangente, ma era comprensibile, pover'uomo. Quando sentì suonare il campanello, per poco non gli venne un accidente. Scostando la tenda da

La Fambotto aveva detto d'aver capito tutto ma c'era qualcosa che non le quadrava. Percepiva qualcosa di malvagio in quella mente ma si trattava di una malvagità strana, trasversale, come indotta da volontà esterne. Era la prima volta che s'imbatteva in un caso simile e aveva bisogno di documentarsi più a fondo e, soprattutto, di trovare maggiore ispirazione. Trasse fuori dalla sua ricchissima collezione di libri il volume di Astronomia e Cosmologia e s'immerse immediatamente nella lettura. Nel frattempo il questore Amadio era arrivato in zona e, come promesso, richiamò Chiara. "Dove sei?" le chiese "Nel Bar Centrale di Piazza del Foro" rispose lei "Bene, aspettami lì" disse Amadio e si affrettò a trovare un parcheggio. Quando entrò nel bar, la vide subito. Lei lo stava aspettando seduta ad un tavolo, gli occhi fissi sulla porta. Un momento di imbarazzo nello sguardo di entram

Un'altra mano le tappò la bocca per impedirle di urlare. "Non voglio farti del male, stai tranquilla" la voce era quella di Pietro che, però, Giovanna non conosceva. La ragazza tentò di divincolarsi ma Pietro le sussurrò di tacere, Amedeo si stava avvicinando. Era vero. Giovanna poteva sentirne, di nuovo, il respiro affannoso. Rimasero immobili, trattenendo il respiro. Col favore del buio, riuscirono a non essere visti, nonostante Amedeo si fosse fermato a pochi passi da loro, come se, in qualche modo, ne percepisse la presenza. Fortunatamente, però, dopo qualche istante di esitazione, si era allontanato. Pietro tolse la mano che, per la tensione, ancora teneva appoggiata sulla bocca di Giovanna. "Chi sei?" domandò la ragazza sottovoce "Sono Pietro, abito nel palazzo di fronte al tuo" rispose "E hai visto cos'è successo?" chiese ancora lei "Sì, ma non ho capito un granché" rispo