Questa storia è presente nel magazine Tutti i Promemoria
Morta.
Quest'ora lontana e di rose,
Di argille arse e prose,
Di Aulenti tigri che sbranano
I venti; di lampioni spenti
Dove strida il sibilar dei serpenti
Di argenti e scimitarre nel velo
Di un fiore avvolto dalla spalla di
Orione.
Di cenere e ottone le nubi
Oscuravano il viso del Sole,
E che sfortuna non poter vedere
Della Luna la meravigliosa
Luce d'oro, sfarzosa.
Sanguina il monte, e che bel vedere
Sublime. Le spine, anche esse sanguinano
E i ragni calmano le mosche del mercato
Bronzato. Ubriaco sotto le ciminiere il mio
Camerato, addormentato d'immenso.
Ed io penso al valore di questo Dio,
Solo io veneravo Lecinque, mentre gli altri,
Come topi, rinchiusi nelle gabbie a guardarsi coi telescopi,
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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