- Lei ha mai sentito parlare di Teofrasto? - chiese il dottor Lanfranchi al suo ospite. Il conte accennò un sorriso, travisato dalla folta barba, e rispose con finta modestia: - Credo si trattasse di un filosofo del terzo secolo avanti Cristo...
- Precisamente, - annuì Lanfranchi: - si trattava di un filosofo vissuto tra il terzo e il quarto secolo avanti Cristo, discepolo di Aristotele, e membro della scuola paripatetica. Ma la sua specializzazione era la botanica. - Intuito l'entusiasmo del professore, il padrone di casa lo lasciò parlare, ma quand'egli ebbe finito, lo sorprese nuovamente:
- Tirtamo di Ereso, questo era il suo vero nome. Teofrasto era il nome con cui veniva chiamato da Aristotele stesso, in riconoscimento del suo fine eloquio. Tirtamo, quando si trasferì ad Atene, entrò a far parte della scuola di Platone, e solo successivamente seguì Aristotele. Il quale, però, lo stimava così tanto da dargli in lascito la sua stessa scuola, i suoi stessi allievi, che lui animò e diresse fino alla morte... sì, un personaggio alquanto interessante, non solo come botanico. - Concluse in tono leggermente ironico il conte Alberto.
- Allora lei sa già tutto... -, constatò in tono deluso Lanfranchi, ma subito ribatté: - Non ci sono giunti suoi scritti, ma solo testimonianze indirette, soprattutto in testi eruditi del Cinquecento. - attese qualche reazione dell'interlocutore, che non ci fu, così continuò: - In molte versioni, soprattutto della botanica, Teofrasto cita una pianta... ma nel libro IX, che per la prima volta nell'antichità, classifica e definisce le droghe e i medicinali... -, il conte Petri Sabatini non interruppe ancora Lanfranchi, che terminò: - E' qui che cita un fiore, quello che lui chiama l'Orchidea dell'arcobaleno, la quale avrebbe un potere...- si fermò. Poi: - quello dell'immortalità.