Lo chiamavano Porgy perché “porgeva” sempre il joint. Porgy era un bravo batterista, anche se il suo fisico dinoccolato non s’intonava bene con rullante e cassa. Era tutto sporgente in alto e in avanti, con quel suo naso a punta, il mento a punta, il pomo d’adamo a punta. Eppure batteva fisso sui tom, con le bacchette di banano che aveva sempre con sé, anche quando andavano in autobus. Il joint era quasi finito, quando Lesty lo prese in mano ustionandosi i polpastrelli che gli servivano per masturbare le corde del basso. Basso che Lesty suonava rigorosamente col plettro, indossandolo ad altezza ginocchia; guai che qualcuno osasse dire di alzarlo. La sua testa era perennemente piegata in avanti a sfoggio del crestone variopinto. Lesty, a dispetto del nome, fece cadere a terra il mozzicone, e venne rimproverato da Bozz, il leader indiscusso del gruppo e della compagnia. Chitarra leader, capello leader, orecchino leader, jeans fasciante da leader, anfibi esplosi e scarabocchiati, da leader. Il Bozz era il boss e loro erano il miglior gruppo punk del circondario, quando il postpunk spopolava postdatato in quella cittadina di provincia postmoderna. Loro erano i The Slip – e se qualcuno equivocava, loro s’incazzavano – gruppo punk molto post litteram. Beh, poi c’era anche Mizzy, la ragazza del Bozz, con la sua spolverina sdrucita, le unghie corte ma multi color, come i capelli e le canottiere attillate che indossava. Sarebbero saliti sul 21 a scrocco, come ogni martedì, per andare ai giardinetti, dove tutti li guardavano male, ma a loro non interessava, tanto erano gli altri che avrebbero dovuto capire…
Mizzy era un po’ lunatica in quel periodo, irritabile e distratta, ma questa non era una novità. Si appiccicava morbosamente a Bozz, che la trattava con la solita sufficienza. La sufficienza del leader.