Infine il giovane riuscì a tornare in piedi, per rendersi conto di quanto poco stabili fossero le sue gambe e quanto riottoso fosse il suo fisico a rispondere alla sua volontà. «Ma tu chi sei, e come mai il centro di Milano è così deserto?» Il vagabondo si girò nuovamente per dare le spalle a quel fesso che aveva raccattato per strada, pensando avrebbe fatto meglio lasciarlo dov'era. Non rispose subito, ma quello insisteva, anche se non aveva voluto dargli la mano: «Te l'ho già detto chi sono. Sono Balòss, del parco Sempione. Tu, piuttosto, chi saresti che dormi abbandonato in mezzo a via Montenapoleone?» Nel suo stato confusionale il giovane con la camicia bianca ormai sgualcita e sporca d'asfalto, i pantaloni strappati e l'abbronzatura impallidita si guardò perplesso: «Io sono Pier... giovanni.» Voleva usare il suo soprannome, ma si rese conto che qui non avrebbe aperto nessuna porta, non sarebbe servito a nulla. Guardava le spalle e la nuca dell'uomo, protestando e cercando una giustificazione che non c'era: «E poi, non sono abbandonato, forse...». Balòss tornò a guardarlo, quel poveraccio. Sì, era più poveraccio di lui, anche se vestiva abiti firmati, s'era abbronzato in Sardegna e aveva forse il portafoglio gonfio. Era più mentecatto di lui, perché non si rendeva conto di essere rimasto solo.
«Sei proprio sicuro? Raccontami di questa festa...», disse a Pierre (o a Piergiovanni, di cui si intuivano gli occhi, dietro la maschera), ma poi fu lui stesso a continuare: «...avrete bevuto, e molto. Avrete sniffato, e molto. Vi sarete divertiti, vero? Sì, succede sempre così. Di solito va a finire male, con qualche incidente, qualche vittima, magari anche solo un coma. Altre volte, invece...». Pierre fece una smorfia terrorizzata: «Vuoi dire che sono morto?» Ma Balòss rise: «Ma che morto! E' solo che il tuo mondo ti ha voltato le spalle!»