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Pubblicato il 18 febbraio 2021 in Fiabe
Mi chiamo Margherì, sono nata in un giorno di primavera prematura. Un bel
semino è stato forse, portato dal venticello, che soffia a volte come una
carezza e mi ha deposto lì sulla terra; poi l’acqua e il terreno fertile hanno
fatto sì che io venissi alla luce. In una bella giornata di metà Febbraio
dischiusi la mia corolla. La prima sensazione che ho sentito veramente mia è
un calore che si diffondeva su tutto il mio corpo, partendo dal sottile stelo,
fino ad arrivare al fiore; i miei petali delicati si sono aperti al mondo ed è
stata un’esplosione di colori, di odori, rumori, tutto mi è piombato addosso
in un momento. Sono rimasta così frastornata! Io così piccola, in quel mare
di verde, mi sentivo estasiata da tanta bellezza, ma al tempo
stesso timorosa. La prima cosa che ho visto è stata la palla di fuoco nel
cielo, era da lì che veniva tutto quel calore che sentivo? Poi un turbinare
multiforme di colori: il verde smeraldo dell’erba; il cielo così azzurro con
quelle sagome bianche, che formano tanti oggetti, se uno osserva bene; i
deliziosi fiorellini azzurri, miei cugini, che occhieggiavano vicino e
sembravano dire: “Ecco l’inverno è finito, adesso arriva la bella stagione”. I
rumori che captavo mi spaventavano perché non sapevo quale ne fosse la
fonte e quindi la paura in me cresceva, anche perché mi sentivo così
indifesa, alla mercé di qualsiasi evento. Quando nacqui, però non ne ero a
conoscenza. E՝ stata la voce del vento, delicata ma udibile da me, che mi ha
raccontato la storia del mondo: dell'enorme palla di fuoco che si chiama sole
e dalla quale dipende la nostra sopravvivenza, del regno vegetale di cui
facciamo parte noi e del regno animale, del quale fanno parte anche gli
esseri umani. Iniziò così la mia vita semplice, fatta di tanti momenti,
condivisi con gli amici che mi accompagnano in quest’avventura. Il vento
Libeccio mi fece da maestro, fu quasi un padre per me; l'ape Magà
dolcissima, che si posò delicatamente sul mio giallo pistillo, per succhiare il
nettare; e poi l’uccellino Annibale, che mi racconta sempre storie
interessanti perché io non mi posso muovere, sto ferma qua. Il sole è la mia
fonte di vita, ogni volta giro il mio capino verso di lui, a carpire qualche
raggio benefico. Ma oggi tira un vento fortissimo, che piega il mio delicato
stelo e sento al tempo stesso calore e gelo. Com’è possibile? Temo di essere
lasciata in balia di questa corrente minacciosa, che mi può anche sradicare
da questa terra madre. Temo di perdere la vita, semplicemente così come
l'ho avuta. Sono fragile lo so. Mi piego sotto il vento, la pioggia e anche la
grandine; posso essere calpestata in qualsiasi momento senza pietà da
qualche passante distratto, che non guarda me, in basso; e ancor peggio
posso essere colta e messa in vaso. Eppure io mi sento così viva e i miei
petali di un colore bianco e rosa sono così sensibili e vibrano di una forza
interiore, che è in me molto forte. Così mi faccio coraggio e cerco di
scacciare i timori e i brutti pensieri, consapevole che se sarò più serena i
miei petali avranno colori più belli e splenderanno di più. Il momento della
giornata che adoro è il mattino, quando nel silenzio assoluto dell’alba, ora
interrotto dal cinguettio dolce degli uccellini, mentre contemplo i colori del
cielo tra l’arancio, il viola e l’azzurro, piccole gocce di rugiada, lucenti
come perle, scendono, cadendo goccia a goccia sui miei petali. Mi
accarezzano dolcemente e poi le sento scivolare via, furtive, come in punta
di piedi, fino a cadere sulla terra, ancora addormentata. Poi, pian piano,
tutt'intorno a me le cose che sembravano inanimate prendono vita, è un
continuo sbocciare di fiori e tramestio di insetti; quelle formiche là iniziano
a lavorare, le vedo portare sulla loro groppa un granello, di chissà che cosa,
preso chissà dove, procedono in fila indiana, formando una striscia nera
verso la loro casa, un buco nella terra, dove all’interno ci sono gallerie ben
organizzate. All'improvviso avverto la danza delle api, alzo lo sguardo, si
stanno dirigendo verso di me e le mie sorelle. La prima volta che un'ape si è
posata su di me, mi sono spaventata perché ho visto lei, che con quella sua
protuberanza violava quella parte intima di me, che racchiudeva un nettare
delizioso. Poi ho fatto amicizia con Magà e lei mi ha spiegato tutto; di come
lei e le sue sorelle si posano su di noi, per prendere quella sostanza dolce,
con la quale produrranno il miele. La parte che mi piace meno è la notte.
Quando scende la sera e la palla infuocata si tuffa dietro il monte lasciando
una scia luminescente, i miei petali cominciano a chiudersi lentamente. Si
stringono insieme in un abbraccio, così sento più tepore. Non vedo più
niente e quindi sono un po' preoccupata per quello che mi potrebbe
succedere. Mi sento in balia dei mostri e penso a quali creature orribili ci
possono essere là fuori. Le mie angosce crescono fino a diventare nuvole
nere nella mia testa. Una notte che avevo il sonno leggero ho intravisto due
lucine fuori così piccole, che volteggiavano lì attorno, poi quelle minuscole
lanterne si sono triplicate, c'era una vera e propria danza attorno a me. Erano
lucciole che emettevano una luce intermittente. Sembravano stelline. Mi
hanno rincuorato, perché hanno cancellato le tenebre notturne. Stamattina
ero lì che mi trastullavo beata, immersa nei miei pensieri, quando
all'improvviso vedo due occhi verdi, che mi scrutano con curiosità,
avvicinarsi ai miei petali. Poi una zampa con degli artigli affilati mi sfiora,
facendomi dondolare. Io tutta impaurita tremo e quello strano essere
continua, poi avvicina il muso e mi annusa. «Chissà se gli piaccio o no.
Sono cosciente di emanare un buon profumo. Mi chiedo se è pericoloso, non
vorrei che mi facesse male!» L'osservo: si lecca i baffi con la lingua.
«Speriamo che non mi mangi!» Poi veloce com'era arrivato, tutto d'un tratto
se ne va ed io tiro un sospiro di sollievo. Protendo la mia testolina verso il
cielo a cogliere il volo degli uccellini, tra i quali scorgo Annibale, che vola
in picchiata verso di me. Il mio amico mi racconta tante cose. Dice che si è
innamorato, lei si chiama Mimì e presto me la farà conoscere. Non vedo
l'ora! Voglio bene ad Annibale, è sempre stato così gentile con me! Ed io mi
innamorerò mai? Cosa si prova quando si ama? Persa in questi pensieri non
mi accorgo che un bambino, dalla risata allegra, si avvicina a me furtivo e
con le sue mani, mi sradica dalla mia terra. E adesso? Con la mia flebile
vocina mi lamento, ma non posso farci niente. La vita sta per scivolare via
da me e avverto una tristezza immensa. Ciao a tutti, ci rivedremo spero,
quando rifiorirò da qualche altra parte..
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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