Questa storia è presente nel magazine FAHRENHEIT 451
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Pubblicato il 28 marzo 2019 in Giornalismo
In una recente versione della sua teoria narrativa del sè, lo studioso Jerome Bruner produce un parallelismo tra caratteristiche del Sè e caratteristiche del racconto.
Per Bruner sono evidenti le corrispondenze tra le esigenze biologiche del Sè e le regole per narrare e scrivere un buon racconto. Del resto molta psicologia si costruisce a partire dalla letteratura e molte teorie del sè hanno come modelli personaggi letterari.
La letteratura (e il romanzo) sono in grado di stimolare questa nostra capacità di immaginare stati mentali di altri e di comprendere livelli intenzionali multipli.
Per Bruner l'essere umano avrebbe un'attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in forma narrativa. La narrazione risponderebbe quindi al bisogno di ricostruire la realtà dandogli un significato specifico a livello temporale o culturale.
Di seguito provo a riportare lo schema di Jerome Bruner che descrive il sè e le sue conseguenze narrative in 12 punti.
"Qualcosa va storto, altrimenti non c'è nulla da raccontare"
"Noi ci immaginiamo di viviere in un mondo di cose disconnesse, ma in realtà viviamo in un mondo di narrazioni" - Coulehan
Ovviamente la validità di un racconto (sia che presuma di rispecchiare la verità, sia che si riconosca frutto di immaginazione) viene stabilita sulla scorta di criteri diversi da quelli a cui si ricorre per giudicare l’adeguatezza o la correttezza di un’argomentazione logica.
Per Bruner la narrazione è uno degli strumenti più preziosi a livello culturale, in quanto attraverso i racconti è possibile negoziare significati comuni e veicolarli fin dalla più tenera età e in modo piacevole. Questo aumenterebbe la coesione del gruppo e la reiterazione del sistema di valori e credenze.
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