E lasciasti in me
un abisso intricato di ferro
ardente, e acciaio filato che graffia
la mia mente, e spine che dilaniano il mio cuore
scisso, in parti che infiammano il più
oscuro tra i mari di notte.
E moristi tu con la luna e morì allora anche il sole,
e tristi le nubi che velano le mie velenose parole,
io sento solo grida di aiuto da te
che dai mostri inerme sei sbranata, ma di orrori
non ne vedevo, vivevo, la tua giornata fatta
di ombre agghiaccianti e mutevoli sorrisi,
che dagl'altri, derisi, spezzavano te ed ora
spezzano anche me, in questa falce desueta
dove la tormenta di sera arriva anche per i più bei fiori
e allora muori, amore mio, ma ti porto,
che se di spada devo armarmi allora li uccido
fin quando il mio petto sfavilla di orrore di fronte
a queste spoglie morte, e allora maledicimi mio Dio
per questa blasfema sorte che, di piaghe, tortura le mie ore.
Ed ora arriva, la nebbia, ed io non vedo più.
E da cieco, finalmente non capisco.
Gioisco, sonoramente, di spreco umano.
Per te che sei la mia misteriosa felicità.
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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