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Pubblicato il 14 gennaio 2020 in Poesia
Tags: #di #parallelepipedo #riverberberi
Ne va di me o di te stesso. Questo biascicavi
ai piedi di quel granaio poco distante dalle nubi,
e troppo vicino ai tuoi reali pensieri:
Giorgio e Tobias: la voglia di buttarsi nel fieno
e non riemergere era tanta,
ma anche la sapienza che spingeva a muovere le gambe,
a incamminarsi laggiù in fondo, dove in pratica
non v'era niente.
Nulla di stradine, di solchi, di sentieri.
Era arrivata alla fine la nudità, il corrispettivo dell'ignoto.
Si spostava il temporale insieme a te, le membra
erano intirizzite e i piedi dolevano.
Tobias mormorava di accendere un fuoco
con il covone, riscaldarsi.
In fondo, morire. Che cosa ti aspetti, diceva.
Ma Giorgio non perdeva d'occhio la pianura,
lo sapeva ch'era sofferenza e ancora disperazione,
ma il destino d'un uomo era saldato al creare,
e lo sapeva. Creare passi, forgiare illusioni, inventare
altri uomini.
Non si perdeva d'animo, mentre la pioggia gli scorreva
a rivoli sulla faccia e gli inondava gli stivali.
"Andiamo" Sospirò piano. E Tobias lo seguì,
patetici navigatori sopra nembi d'erba, sconfitti mozzi
dentro l'occhio di un ciclone.
Non avevano più nulla,se non il riflesso di un miraggio
sulla pelle, l'ombra del sole in qualche cantuccio
ad avviare il cammino, il mito della libertà scarabocchiato
su un foglio, rozzamente ficcato in tasca.
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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