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Pubblicato il 25 febbraio 2019 in Altro
Ci sono delle case tutte ammassate sulla collina, qualche negozio, qualche tabacchino e forse qualche scuola.
Arriverà il momento di viaggiare per raggiungere la città e lì bisognerà trattenersi dal non vomitare per le troppe curve.
Fin da piccola l'unico luogo che conosco di quella città è l'ospedale, come se fosse una maledizione: lì sono nata e lì morirò, probabilmente. Dopo la mia nascita, ho avuto modo di tornarci, per colpa della malattia di mia nonna che la portò alla morte nel 2009. E dopo di lei sempre altri parenti si sono avvicinati alla morte in questo luogo, ma solo perché nel nostro piccolo paese non c'è nessun ospedale.
Ormai conosco a memoria ogni angolo, ogni corridoio. Conosco le persone che sono morte dentro queste mura, tra cui Alfredo. E' morto nell'87, aveva vent'anni, si beava della sua giovinezza finché ha potuto, poi c'è stato quell'incidente. Quel fatidico incidente. Dalla sua stanza d'ospedale può vedere ogni cosa, si posiziona lì ogni giorno, pronunciando sempre la solita frase: "E' bello il panorama pur guardandolo dalla finestra di una prigione". E non lo biasimo, le sbarre alle finestre non possono far pensare ad altro. Qua dentro ci si sente rinchiusi, come dentro ad una gabbia, e per quanto io possa amare il silenzio, questo posto riesce a farmelo odiare. Tutti, infermieri e dottori, parlano a voce troppo bassa, da non poter far a meno di avvicinarsi e chiedersi cosa stiano dicendo. Come se fosse illegale parlare davanti ai pazienti, come se non conoscessero le loro stesse condizioni, come se non si dovessero preoccupare, quando invece dovrebbero.
Ho sempre voluto chiedere ad Alfredo della sua vita passata, ma ha sempre deviato il discorso, parlando, invece, di ciò che accadeva dentro l'ospedale, come se importasse a qualcuno dei due. La verità era che non ci fregava proprio niente degli altri e di come venivano colpiti dal sonno eterno. Entrambi eravamo egoisti, pensavamo soltanto a noi stessi.
-Sai, la signora Schneider è morta.-
-Quella tedesca?-
-Già.-
-Peccato, mi dispiace un po'-
-A me no, è giusto così-
-Che crudeltà, Alfre-
-Sono sincero.-
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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