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Pubblicato il 20 dicembre 2019 in Poesia
IL CANTICO DEL CRIPTOPORTICO
Sotto gli archi scipi dove i frati antichi tinti di nero corrono nel vento elevandosi alla volontà di un umile signore. Ascoltando il cantico delle creature si perdono nella ore meditate turbate dal senso dell’ essere di nostro fiorire in altre rime. Lungo il tragitto la generosa prole alza le mani al cielo mentre io dormo beato lontano dal male congiunto nella forma dell’essere unto. Nell ora men dura mi svegliai
Fate la carità mi disse il viandante
Non lasciare la strada maestra
E nel Sonno l’ eterno giunse
Prego bevete un caffè bollente ?
Sedetevi narrate cosa vi accadde
Giungemmo in Terra Santa un giorno qualunque dopo aver viaggiato a lungo
La croce sul monte del teschio l’avete venduta?
Cerano più duecento ottomani
Accidenti avevano otto mani
Si tre teste e quattro occhi
Credetemi era un vero inferno
Cosi sciogliemmo le vele al vento andammo
Bello perdersi nella Ave Maria
Lo dicevo a frate ginepro ieri mattina Il freddo stringe alla gola Togliete le stoppie dalle porte
Sta per arrivare natale
Qui si dorme e chi dorme non piglia pesci
Prego entrate fuori freddo
Una tazza di caffè
Fate voi per me lo stesso non bado a spese
Sei di Napoli
Di Casoria per servirvi
Un povero pellegrino
Facciamolo frate
Meglio chierico minore
Tagliamoci i capelli
Ma lasciatelo stare
Fa freddo tra non molto sarà natale
Lo diceva sempre frate ginepro
La notte è lunga da passare altre guerre verranno
Non dire altro proverò a capire
Ecco non sarebbe una brutta idea
Fatevi avanti
Chi bussa
Sono il lupo
Ora state accorti
Chi ulula
Sara un viandante
E il vento fratelli che bussa alla porta
Sarebbe bello ritornare in Terra Santa
Li ci ho lasciato un bottone
Io una croce
Frate Ginepro il suo cuore
La Pregammo tutto il giorno poi a tarda sera pranzammo vicino alle porte di Gerico
Incredibile eravate nel mio pensiero
Fate presto il tempo cambia
Breve e questa vita
Non vorrei ferire il tuo orgoglio
Sono così come mi vedi Figlio e Spirito Santo sono il sogno di una notte d’inverno
Ho creduto in un mondo di pace , ho corso sopra le nuvole poi ho sospirato d amore , ho cantato il canto dei cantici come un cigno bianco ho volato oltre le nubi. Son giunto dove l’ amore cresce rigoglioso su per i muri tra le piante rinsecchite di pino marino sulle querce occhiute tra le fronde degli alberi spogli. Ho vissuto da re poi misero, vestito più povero del mio tempo con una bisaccia sulle spalle ho trascorso il mio tempo , dormendo , copulando ingordo, meditando ma ora rinnego la speme il circolo chiuso. Le mie parole erano tese, irte nell' addio dei corpi feriti dal fato, forte nella morte nell’ eco del dolore dei popoli oppressi. Come figlio ho amato gli uomini di buona volontà in ogni cosa ho vissuto sono rinato nello Spirito Santo. Ed ora timido ascolto le vecchia canzone di guerre , temendo le fugace illusioni che mi hanno condotto in catene verso questo mausoleo. Tutto era già scritto chi di spada ferisce di spada ferisce, poi cresce , scema avanza come il foco che arde nelle mie vene più tosto mentre duro del senso delle cose perdute. Di ogni ragione mia vita un rosario di miti pensieri , di gioie consacrate forme illogiche di belle sembianze.
Di ogni cosa sovrana fatta di rose senza spine di spazzi di mozzi vado diritto alla metà
Ora mi credete
Prego cantate canzoni
Un poco di musica
Deve essere sacra
Non si scomponga sarà accontentato
Era questo il dono una rosa canina
Che bello incontrarsi nel canto
Sei santo figliolo sei Santo nel giorno di nostro signore
Ora voi mi turbate
In mezzo a tanti deliri
Perdonami avevo creduto di morire
Cosi avvenne poi ritornammo presto quando la guerra spense la pace ed io perduta mi ritrovai tra le sue braccia
Di notte pensavo ero turbata dal mite ricordo
Non dirmi altro ho bello e capito una gallina al brodo e quello che ci vuole
Facciamo ammenda
Perbacco Filippo sei sempre ribelle
Ci gioco con le rime poi faccio un ritornello
Sei per caso un attore girovago
Sono quello che sono ed ho amato per mia volontà vestita di rosa di blu e di celeste il vespro le ore liete le figure si lasse che ora mi ritornano in mente
Ecco non affaticarti tanto di tempo c’è ne abbastanza
Stiamo quasi a natale
Non vorrai tirare il collo alla povera oca ?
Per carità ci mancherebbe chi lo sente al superiore
Ora meditate il tempo e trascorso come se fosse una frase scontata
Sei deluso dal verbo
Sono in preda ad un delirio
Noè aveva ragione non bisogna perdere tempo.
Vedrò il natale con abiti scuciti .
Oggi il mio peccato è come la colla che imbratta la carta pesta per fare il presepe, come la cruna dell’ago , dove passa il cammello , non giudico me rinnego ,fui mesto nella logica e travisai assai il mio peccato.
Mi limitai a cantare poi a remare, contro il male fui sincero ammetto. La pazzia fu l’inizio di una novella che partenope figlia della sorte avversa mi sussurrò in un crescendo di baci . Mi trastullai di molte frasi e poche ingiurie poi a sera attesi vicino ad un misero presepe il giorno della avvento. Ed il vento mi spinse ad andare , fui portato in braccio come fossi un fuscello d’ulivo. Vidi e piansi fui sincero, più sincero del canto che udì in guerra contro i Saraceni contro i fratelli dal cuore di pietra. Fui Pietro e fui impiccato in una pubblica piazza. Mi chiamarono pazzo. Ma l’amore mi condusse ad essere me stesso, nel sesso mi rifugia non lo chiamai peccato, poche fui salvo nel verbo incarnato.
Ops! Sembra che tu abbia un po' esagerato, assicuraci che tu non sia un robot!
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